Tendere verso la perfezione è insito nella nostra stessa natura. Molti ci hanno preceduto in questa ricerca elaborando sistemi ingegnosi che li coadiuvassero nel loro sforzo.
Prendiamo ad esempio la sezione aurea, la “proporzione divina” spesso utilizzata, oggi e in passato, in campo artistico ed architettonico, ma non solo. Un numero magico ottenuto suddividendo semplicemente un segmento lineare in due parti disuguali così che la lunghezza della più corta di tali parti si trovi ad essere, con quella più lunga, nello stesso rapporto in cui quest’ultima si trova ad essere con l’intera lunghezza della linea.
La sezione aurea è espressa dal numero 1,618, numero che trova origine nella successione di Fibonacci. Attenendosi alla sezione aurea si ottengono proporzioni perfette, a qualsiasi cosa la si applichi. Ma perché?
Il padre della geometria
I primi scritti sulla sezione aurea risalgono agli albori della matematica e della geometria. Teano, filosofa e matematica greca nonché discepola della scuola di Pitagora, fu una delle prime a scrivere di questa proporzione divina. Pur essendo numerose le sue opere documentate, nessuna di esse è purtroppo giunta fino ai nostri giorni.
La successiva opera in cui si trova menzione della sezione aurea è di Euclide, matematico di epoca ellenistica, nato attorno al 300 a.C. ed attivo presso la biblioteca di Alessandria.
L’opera dal titolo “Elementi” scritta da quello che è universalmente considerato il “padre della geometria” è una delle opere più importanti nell’intera storia della disciplina. Nella sua opera, Euclide fornisce la prima dimostrazione dell’infinità dei numeri primi.
Collaborazione aurea
Nel 1509, i teoremi illustrati da Euclide negli “Elementi” furono ripresi dal matematico italiano Luca Pacioli. Nella sua opera dal titolo “De Divina Proportione”, Pacioli esamina quelle che sono le proprietà matematiche della sezione aurea e lo fa collaborando con Leonardo da Vinci che realizza una sessantina di illustrazioni per questo libro, inclusa quella del celebre “uomo vitruviano”.
I principi matematici illustrati da Pacioli nel “De Divina Proportione” si basano sulle conoscenze già illustrate in passato da Fibonacci. Pubblicata attorno al 1200, la successione di Fibonacci è rappresentata da una successione di numeri interi in cui ciascun numero è uguale alla somma dei due precedenti: AC / CB = 𝜑. 𝜑, arrotondata al terzo decimale, corrisponde a 1,618, ossia la sezione aurea, chiamata da Pacioli la proporzione divina.
La chiarezza di esposizione di Pacioli sposandosi con le illustrazioni di Leonardo Da Vinci fanno di quest’opera qualcosa il cui impatto va ben oltre la matematica.
Da figlio illegittimo a genio universale
Leonardo da Vinci nacque il 15 Aprile 1452 ad Anchiano, figlio illegittimo di Piero, notaio, e Caterina, ragazza di umili origini. Leonardo fu cresciuto perlopiù dal padre che presto, intravedendo il talento del figlio per la pittura, decise di mostrare alcuni dei suoi disegni ad Andrea del Verrocchio, all’epoca a capo di una delle più fiorenti botteghe cittadine.
Leonardo, così, si unì come apprendista alla bottega del maestro e divenne membro della Compagnia di San Luca, la corporazione fiorentina dei pittori. La bottega del Verrocchio, la cui attività non si limitava alla sola pittura ma abbracciava anche la scultura e l’oreficeria, fu una delle più prolifiche dell’epoca per commissioni pubbliche e private. Qui Leonardo affinò le proprie abilità pittoriche divenendo un vero maestro e sperimentando tecniche e materiali diversi.
All’indomani della fallita Congiura dei Pazzi, giunta al culmine della rivalità tra Medici e Pazzi, Firenze piombò nell’incubo di un’imminente guerra contro Napoli. La bottega si trovò, così, alle prese con la difesa della città e Leonardo, non essendogli concesso di entrare nei ranghi dell’esercito a causa della sia condizione di figlio illegittimo, fu adibito alla progettazione di armi, una passione, che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, ma cui, tuttavia, non si sarebbe dedicato che per breve tempo.
La tragedia di un genio
Tornata la pace e svanita la minaccia della guerra, Leonardo iniziò a guardarsi attorno alla ricerca di nuove sfide. Si trasferì, dapprima, a Milano dove tentò di intraprendere la carriera di ingegnere militare e progettista di armi e ideò invenzioni come un carrarmato, una balestra gigante, tute da immersione e addirittura un soldato robot.
Nessuna di queste invenzioni, troppo avanti per quei tempi, ebbe grande successo presso i clienti di Leonardo. Fu una tragedia per l’artista: vedeva chiaramente ciò che sarebbe stato possibile realizzare ma nessuno era in grado di condividere la sua visione. Solo secoli più tardi le sue idee hanno potuto trovare il meritato apprezzamento e molte delle sue invenzioni fanno ormai parte di oggetti divenuti di uso comune come, per esempio, il cuscinetto a sfere che Leonardo descrisse per la prima volta nel 1500.
La realizzazione dei primi cuscinetti a sfere funzionanti non risale che a centinaia di anni più tardi, attorno al 1740, e bisogna arrivare fino al 1907 per vedere i moderni cuscinetti utilizzati per la prima volta. Leonardo precorse sicuramente i tempi di centinaia di anni, ma è proprio grazie alla sua invenzione, al cuscinetto a sfere, che oggi i sistemi FritsJurgens possono garantire alle vostre porte a bilico movimenti fluidi ed eleganti coniugando straordinarie invenzioni del passato con tecnologie proiettate verso il futuro.
Drawing of a ball bearing by Leonardo da Vinci with characteristic handwriting in mirror image
Fondatore della simmetria
Nel quadro della collaborazione con Luca Pacioli, Leonardo da Vinci lesse e studiò anche il “De Architectura” di Vitruvio, scritto tra il 30 e il 20 a.C., una delle opere più importanti dell’intera storia dell’architettura. Nel corso dei secoli, le teorie che Vitruvio vi illustra sono state alla base dell’opera e delle ricerche di numerosissimi matematici.
Marco Vitruvio Pollione, vissuto all’incirca tra l’85 ed il 20 a.C., fu un militare, storico ed architetto romano. Scrisse il “De Architectura libri decem”, monumentale opera dedicata all’architettura in dieci volumi. Considerato anche il primo ingegnere della storia, il suo “De Architectura” rappresenta la più importante fonte letterale sull’ingegneria dell’antichità greco-romana.
L’opera di Vitruvio non parla solo di architettura ma anche di come quest’ultima costituisca un’imitazione simbolica dell’ordine naturale. Proprio come Leonardo da Vinci secoli più tardi, anche Vitruvio era un “homo universalis” e, a suo parere, un architetto doveva disporre di una vasto bagaglio di conoscenze, anche nel campo della filosofia, della fisica, della musica, della medicina, della giurisprudenza e dell’astronomia. I libri III e IV del “De Architectura” sono dedicati agli edifici sacri e pubblici ed alla simmetria che li deve caratterizzare.
Il concetto vitruviano di simmetria non si basa sulla “simmetria speculare” ma piuttosto sul canone della riproduzione delle proprozioni armoniche del corpo umano. É questo il concetto su cui Leonardo da Vinci basa il suo “Homo ad circulum” o “uomo vitruviano”. Lo stesso che secoli più tardi ispirò anche il celebre architetto Le Corbusier a creare il suo “Modulor, una scala di proporzioni basate sulle misure dell’uomo elaborata per fungere da linea guida per un’architettura a misura d’uomo.
The famous Vitruvian Man, drawn by Leonardo da Vinci for Pacioli's De Architectura
Perfezione: tre principi in equilibrio
Forse il più celebre e prezioso lascito di Vitruvio è costituito dai 3 principi che riteneva alla base di ogni opera architettonica: firmitas (solidità costruttiva), utilitas (destinazione d’uso) e venustas (bellezza). Secondo Vitruvio l’architettura nasce dall’equilibrata composizione di questi tre principi che non devono predominare l’uno sull’altro.
Anche la filosofia dell’architetto Frits Jurgens, negli anni ’30, si ispirava a principi simili. “Per essere perfetto un design deve essere innovativo, funzionale, bello e fruibile.” Ed è basandoci sempre su questi valori che in FritsJurgens lavoriamo ogni giorno per dar vita a soluzioni tecniche sempre più innovative.
Secondo Vitruvio, e anche secondo l’architetto Frits Jurgens, la bellezza di un progetto, la sua venustas, si rispecchia nel suo grado di funzionalità. La triade costituita da funzionalità, bellezza e fruibilità si realizza solo nella corretta proporzione delle parti rispetto al tutto ed alle altre misure, ossia solo se tutte le proporzioni risultano euritmiche. La parola “euritmia”, dal latino “eurythmia”, a sua volta derivante dal greco εὐριϑμία, indica la disposizione armonica e proporzionale delle varie parti di un’opera.
Il perfetto equilibrio tra robustezza, facilità d’uso ed estetica è ciò che rende i sistemi di cerniere pivot FritsJurgens unici nel loro genere. Euritmia: la bellezza senza tempo della perfezione nascosta si sposa con quella di un movimento di impareggiabile eleganza.
Frits Jurgens
Efficienza matematica
La sezione aurea ricorre anche in natura. La sua intrinseca bellezza geometrica può essere riscontrata in diverse creazioni della natura; pensiamo, per esempio, alle proporzioni esistenti tra i rami di un albero, alle scaglie dell’ananas o al modello secondo cui si propagano i bulbi dei fiori - 1,618 bulbi in più ogni anno.
Prendiamo per esempio i petali di un fiore. L’angolo aureo costante tra un petalo e l’altro è di 137.5° e suddivide la circonferenza del fiore secondo la sezione aurea. Se ciascun petalo forma un angolo aureo rispetto a quello che lo precede la loro disposizione attorno al disco centrale risulterà ottimale e tutti potranno godere di un perfetto irraggiamento. Se, al contrario, i petali, per esempio, crescessero con un’angolazione di 120°, in tre punti si verrebbe a formare uno strato di petali che, crescendo esattamente nella stessa posizione, non potrebbero godere di un irraggiamento ottimale.
Il percorso di minor resistenza
La sua origine nella natura potrebbe spiegare la ragione per cui la sezione aurea renda perfetto all’occhio umano tutto ciò che è costruito secondo i suoi canoni. La ragione è che gli oggetti che evidenziano proporzioni che interpretiamo inconsciamente come armoniche risultano di più facile elaborazione per il nostro cervello rispetto a quelli che non rispondono ai canoni della sezione aurea.
Ciò fa sì che l’estetica universale della proporzione divina trovi applicazione in ogni campo, dall’architetutra alla pittura passando per la pubblicità ed i prodotti d’uso quotidiano.
Astrazione umana
Pacioli non fu l’ultimo a basare gran parte del proprio lavoro sul pensiero di Vitruvio. Tra il 1942 e il 1955, l’architetto franco-elvetico Le Corbusier elaborò un sistema di misurazione architettonica basato sull’uomo vitruviano e sulla successione di Fibonacci che battezzò “Modulor”.
L’obiettivo di Le Corbusier era quello di sviluppare un approccio matematico alla scala dimensionale umana che consentisse di progettare edifici “a misura d’uomo”. Questa astrazione del corpo umano è esattamente ciò su cui Vitruvio si basò per creare il suo “uomo vitruviano”.
Il “Modulor” di Le Corbusier
Il Modulor si articola in due serie, la serie rossa e la serie blu. Per la serie rossa, Le Corbusier prese come punto di partenza una misura di 183 cm – quella di un esemplare umano dalle misure standard – che andò a suddividere ripertutamente per 𝜑. Per la serie blu, invece, seguì lo stesso principio ma prendendo come punto dipartenza una misura di 226 cm, ossia quella raggiungibile da un uomo di 183 cm di altezza alzando un braccio, corrispondente al doppio dell’altezza di tale uomo al plesso solare, 113 cm, misura che ritroviamo anche nella serie rossa.
Serie rossa: 183, 113, 70, 43, 27 … Serie blu: 226, 140, 86, 54 …
Le Corbusier descrive con le seguenti parole le sue serie basate sulla successione di Fibonacci: “… ritmi che sono apparenti alla vista nelle loro reciproche relazioni. E questi ritmi sono alla radice delle attività umane. Risuonano nell’uomo per una fatalità organica, la stessa che fa tracciare la sezione aurea a bambini, anziani, selvaggi e letterati.”
L’identità del Polish Concrete Film Festival fa riferimento all’uomo modulare di Le Corbusier
Capolavoro geometrico
Il più celebre esempio di edificio basato sul “Modulor” di Le Corbusier è rappresentato dall’Unité d’Habitation. Questa “unità abitativa”, concepita come una vera e propria città verticale, risponde sotto diversi aspetti ai canoni fissati da Le Corbusier nelle sue serie.
le dimensioni dei singoli appartamenti, le “facciate libere” e le diverse tipologie di sovrastruttura a tetto possono essere fatte tutte risalire al “Modulor”. Secondo alcuni studi dedicati all’Unité, anche le tre dimensioni principali dell’edificio – la lunghezza, la larghezza e l’altezza – si basano sul “Modulor”.
Unité d'Habitation, Firminy. Visione prospettica della facciata est di Le Corbusier. Da: Le Corbusier Le Grand
L’illusione della sezione aurea
Sono numerosi gli artisti e gli architetti che si dice abbiano consciamente applicato la sezione aurea nei propri lavori. Uno di questi è Piet Mondriaan. La sua opera appare misurata, attentamente ponderata.
Già ad un primo sguardo, il nesso con la sezione aurea appare subito evidente. Tuttavia, Mondriaan lavorò solo per un breve periodo con moduli di 16 x 16, esattamente corrispondente alla rispettiva campitura di colore – eccezion fatta per tale periodo, Mondriaan rifiutò qualsiasi tipo di calcolo matematico nella sua produzione artistica: “La coincidenza deve essere distante quanto il calcolo.”
Se, con la sperimentazione, l’opera di Mondriaan andò cambiando aspetto nel corso degli anni, la spontaneità ed il carattere sperimentale ne rimasero una costante. Mondrian rigettava l’applicazione della sezione aurea proposta da Marlow Moss, uno dei suoi alllievi più stretti, rimanendo fedele al proprio processo creativo di stampo intuitivo.
Charles Bouleau ha studiato tre opere di Mondriaan, Tableau I, Two-Line Composition e Broadway Boogie Woogie, per indagare l’eventuale presenza della sezione aurea identificando in esse una geometria segreta rispondente ai canoni della sezione aurea.
Victory Boogie Woogie, Piet Mondriaan, (1872-1944) Victory Boogie Woogie, griglia basata sul 𝜑 proposta da Bouleau
Sono molte le opere di Piet Mondriaan in cui si possono individuare tracce dell’applicazione di più strati di pittura. L’artista olandese provava e riprovava incessantemenete diverse combinazioni di linee e colori sulla tela fino ad ottenere la composizione che desiderava. Pertanto, pur rigettando l’applicazione di qualsiasi teoria geometrica, Mondriaan, attraverso la costante ricerca della perfezione ha forse dato vita a qualcosa di equivalente alla sezione aurea in alcuni dei suoi lavori.
Bellezza casuale?
Lo stesso di potrebbe dire degli artefici di alcuni straordinari capolavori architettonici come la Piramide di Kukulkán, la Grande Moschea di Kairouan, lo Stupa di Borobudur, la Piramide di Cheope, il Partenone, Notre Dame ed il Taj Mahal.
Se per alcuni di tali edifici si dubita che i rispettivi artefici possano aver già avuto conoscenza della sezione aurea, in altri le dimensioni si discostano da quest’ultima e solo alcune parti di essi sembrano rispondere ai suoi canoni. Ciò che si può generalmente affermare in merito a tali opere architettoniche è che tutte suscitano un forte piacere estetico nella maggior parte degli osservatori. Forse l’intenzione di chi le ha progettate non era quella di applicare la sezione aurea – perchè non ne avesse conoscenza o meno – ma semplicemente quella di tendere alla perfezione.
Proprio come per le opere di Piet Mondriaan, anche nella progettazione di questi edifici la tensione alla perfezione è tale che le proporzioni divine si sono venute comunque a manifestare nell’opera finita.
Design, pittura, creazione: perfezione assoluta
La ricerca della perfezione assoluta, guidata o meno dall’applicazione della sezione aurea, è già di per sé l’obiettivo di una creazione a prescindere dal mezzo attraverso cui essa prende forma.
Dipingendo e ridipingendo, elaborando e rielaborando più volte ciò che si crea prima o poi questa proporzione divina si può manifestare spontaneamente: in un edificio le cui proporzioni si mostrano logiche a prima vista, in un dipinto che cattura l’attenzione di chi lo osserva ancor prima che questi sia effettivamente entrato nell’ambiente in cui si trova, in un movimento così fluido ed elegante da sembrare quasi magico - Le Corbusier la progettava, Mondriaan la metteva su tela, FritsJurgens si impegna per raggiungerla giorno dopo giorno. La perfezione assolut
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